Alla ricerca delle migliori cantine d’Italia: come scoprirle?
– L’ENOLOGISTA RISPONDE
In questa uscita parleremo di territorio, famiglie, imprese eroiche e… tesori nascosti. Una nuova serie su Netflix? Non lo è, almeno per ora, ma è una gran bella storia fatta di tante piccole storie. Il fil rouge della trama è sua maestà il vino, e i suoi protagonisti… scopriamoli insieme.
Daniela Papa
Enologa, consulente e appassionata divulgatrice dei segreti del vino, Daniela Papa risponde ai quesiti degli amanti del buon bere, offrendo sempre nuovi spunti e particolari punti di vista. Un appuntamento periodico per esplorare insieme il magico mondo del vino e dei distillati.
Cara Daniela, tu hai una storia lunga già 10 anni da raccontare, perché è dal 2014 che viaggi in tutta Italia alla ricerca di questi splendidi tesori – le migliori cantine – che spesso sono ‘nascosti’. Come e perché hai intrapreso questa ricerca?
Nel corso dei miei studi di Viticoltura ed Enologia ho avuto modo di viaggiare in Italia e Francia verificando l’emergere di tante piccole realtà che con grande attenzione e cura producevano ottimi vini, senza riuscire però ad affermarsi sul mercato nazionale e rivolgendo spesso le proprie vendite al mercato estero.
Nel contempo, da cliente, frequentando i ristoranti mi ero accorta di una omologazione della proposta enologica con carte dei vini molto simili, con prodotti di grandi cantine e scarsa attenzione per i piccoli produttori ed i vitigni autoctoni di cui il nostro paese è il più ricco del mondo. L’insieme dei due aspetti mi ha spinto a creare la mia società al fine di offrire nuove opportunità alle piccole aziende agricole e far conoscere le novità di un mondo in evoluzione ai consumatori più attenti.
Durante questi anni di esplorazione, quali sono stati i criteri principali che ti hanno guidata nella scelta delle cantine? C’è un particolare ‘segno distintivo’ che cerchi in una cantina prima di decidere di collaborare con essa?
Banalmente il criterio primario è l’elevata qualità dei vini prodotti ottenuti esclusivamente da aziende agricole che coltivano le proprie uve con i massimi criteri di ecosostenibilità. In cantina spesso l’enologo è anche il proprietario, ciò garantisce l’autentica espressione del terroir. Il segno distintivo è la dedizione e la passione del produttore che coltiva l’ambizione di imbottigliare prodotti unici.
Incontrare famiglie e produttori che hanno dedicato e dedicano la loro vita al vino, deve essere un’esperienza ricca di emozioni. C’è qualche storia in particolare che ti ha colpito o che ha influenzato la tua visione del mondo del vino?
Dietro ogni bottiglia che ho scelto c’è sempre una storia da raccontare legata ad una famiglia, perché di famiglie si tratta, che si adoperano in modi che spessissimo il consumatore ignora. C’è chi possiede meravigliosi vigneti ma faticosi da lavorare come ad esempio i vigneti di Villa Piccola in Trentino, chi produce vini “azzardati” come ad esempio i Viticoltori Eroici Castelsimoni che alle pendici del Gran Sasso hanno piantato vitigni come il Riesling o il Traminer Aromatico assolutamente atipici per la zona, chi combatte per farsi riconoscere varietà sconosciute, chi deve continuare ad affermare aziende centenarie come ad esempio il Conte Spagnoletti Zeuli in attività dal 1600, chi deve convivere con le forze della natura e penso ai Vini dell’Etna, ecc. si tratta di una miriade di storie molto affascinanti.
Una storia molto particolare è quella di un uomo che ha lasciato il suo lavoro precedente per dedicare 20 anni alla ricerca finalizzata al riconoscimento di una varietà considerata estinta, risalente all’impero romano…
Spesso parliamo di ‘tesori nascosti’ riferendoci a vini o cantine eccellenti ma poco conosciute. Perché accade? Puoi condividere con noi un’esperienza di scoperta di uno di questi ‘gioielli nascosti’, che hai portato alla luce per un pubblico più ampio?
Spesso queste cantine hanno produzioni limitate, nell’ordine di poche migliaia di bottiglie per un mercato globale, a questo si aggiunge la pigrizia o la mancanza di coraggio che spinge molti ristoratori a scegliere sempre prodotti conosciuti più facili da commercializzare. Posso tuttavia testimoniare un sempre crescente interesse da parte dei consumatori verso i cosiddetti vini di nicchia e questo mi conferma che la strada intrapresa è quella giusta.
Uno dei vini che quasi nessuno conosceva e che sta avendo notevole riscontro è ad esempio la Ribona delle Marche, vitigno che abbiamo nelle nostre selezioni e che fieramente ho contribuito a divulgare. Il metodo classico JUREK è consigliatissimo. Ma ce ne sono un’infinità, di cui molti presenti nel nostro catalogo.
Ogni vino della tua selezione ha la sua storia e caratteristiche uniche. Come fai a garantire che questi vini “speciali” trovino il loro posto ideale nei ristoranti con cui collabori, in termini di abbinamenti con il cibo e l’esperienza gastronomica complessiva?
Quando il ristoratore più attento e curioso si rivolge a noi, mi reco personalmente presso il ristorante per conoscere l’offerta gastronomica e le esigenze specifiche. Solo dopo redigo una carta dei vini ad hoc che si modifica seguendo la stagionalità dei menù proposti e collaboro con il personale di sala per trasferire al meglio i concetti che hanno determinato le scelte della carta.
Guardando al futuro, quali sono le tue previsioni per il mondo del vino italiano? Credi ci siano nuove tendenze o regioni ancora inesplorate che potrebbero sorprendere gli amanti del vino nei prossimi anni?
Negli ultimi anni il vino italiano è sempre sul primo gradino del podio e ritengo che continuerà a crescere ulteriormente soprattutto in termini qualitativi. Una delle novità più interessanti e sorprendenti è rappresentata dai vini ottenuti da uve Piwi, ovvero da vitigni resistenti alle malattie e che quindi consentono l’azzeramento dell’utilizzo di fitofarmaci e di anticrittogamici. Sono da tenere d’occhio inoltre regioni come la Basilicata, la Calabria, il Lazio che stanno evolvendo e migliorando, oppure scoprire piccoli tesori valdostani, liguri e molisani.
Grazie Daniela, alla prossima!